L'Arte di Gianluigi Alberio

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Biografia


Serpente delle Mangrovie, quadro di notevoli dimensioni, mi continua a creare inquietudine; devo però affermare che è proprio tramite queste sensazioni  che un dipinto parla allo spettatore, lo turba, ma poi lo richiama a nuove osservazioni.
Un capolavoro di perfezione formale che convive con quella che chiamerei un’incongruenza costruttiva dello sfondo vuoto; il buio che avvolge le spire del serpente, attorcigliate attorno ad un ramo, è interrotto soltanto da alcuni riflessi sulle scaglie del rettile per poi definirsi in modo preciso sulla testa quasi fosse illuminata da un occhio di bue, come venisse rappresentato in una scenografia teatrale. Spinto dall’inquietudine e dall’attrazione ho voluto documentarmi su una numerosa teoria di quadri ed allora il mio giudizio si è trovato in sintonia su quanto su questo artista aveva già scritto Marzia Perotta cioè che la minuziosa precisione del tratto non cade in una semplice perfetta riproduzione, la sua grande capacità è quella di rappresentare e comunicare tanto il calore della vita quanto il movimento con uno stilema personalissimo che mi sento sicuro di affermare avvolge in maniera emozionale chi crea e chi guarda.
Già il quadro qui pubblicato, da solo, molto ci racconta di questo artista: una visione più ampia di Gianluigi Alberio spiega in maniera esaustiva che questo pittore non si limita alla catalogazione illustrativa del mondo animale, ci dà invece una visione tanto intellettuale quanto emotiva di un "regno" che la vita all’interno di una città ha fatto sfumare, spesso relegandola al contatto quasi anonimo del documentario.
Con l’avvento del Novecento il ruolo dell’artista diviene quello che, come affermava Marinetti, avrebbe dovuto distruggere la tradizione del passato; Pablo Picasso effettuò la sua rivoluzione partendo dalla scomposizione geometrica delle forme di Cezanne. Quando però fece insieme a Jean Cocteau un viaggio nella classicità, in Italia, questa esperienza produsse nell’artista quella forma che poi sarà definita neoclassica.
Il recupero di questo linguaggio, che a mio avviso Alberio prima interpreta e poi evolve in maniera eccellente, non si può etichettare come iperrealismo perché si risolve in un raffinato equiliibrio di forme e volumi.
Winckelmann  riconosceva come propri della scultura greca gli ideali che aveva riassunto nella frase  la nobile semplicità e la quiete grandezza; ovviamente il nostro pittore si è allontanato dal classicismo integrale di cui si era fatto portavoce Winckelmann, non credo che l’esperienza di tatuatore sia estranea al suo particolare stilema.
Gianluigi Alberio d’altronde arriva alla definizione del  personale genere pittorico  attraverso una successione di esperienze ed è questo affondare le proprie radici tanto nella tradizione oggettiva quanto in quella della sua vita da artista che forma la statura del personaggio.
Nella grandiosità delle sue opere ha romanticamente tradotto le emozioni provate al cospetto di ciò che deve riprodurre attraverso pennellate di energia, la buona resa della prospettiva è quella che definirei una briosa inquietudine cromatica. Il fondo completamente nero del Serpente delle Mangrovie che  lascia il resto dello spazio dipinto immerso nella luce e quindi in evidente contrasto con l’ ombra, così come scritto all’inizio offre il risultato di una scenografia teatrale e drammatizzata, come a voler cogliere la vitalità nascosta nel cosmo; quasi che questo oltre ad essere il rettile definito nel titolo sia anche  l’archetipo stesso di questo animale. Allora a questo proposito riporto una citazione da una frase di Caspar David Friedrich  … sono la sua anima e la sua sensibilità (del pittore)  a doversi rispecchiare nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e con tutta l’anima è dunque il compito di un’opera d’arte.
Il Serpente delle Mangrovie è un rettile velenoso, dal corpo sottile che gli conferisce un aspetto elegante; a causa delle pupille verticali e strette viene chiamato anche serpente gatto, ma questa vaga somiglianza non me lo fa associare a quel felino sornione. In effetti nel dipinto è in una posizione di attacco che teoricamente dovrebbe spaventare, e qui la differenza tra fotografia e pittura, infatti Gianluigi Alberio attrae ed inquieta ma non impaurisce. Senza niente voler togliere alle riproduzioni fotografiche, opera di eccellenti maestri, la pittura è un’altra cosa ed  a questo proposito  mi sento di poter dire  che Alberio appartiene al gruppo di quegli eccellenti pittori che hanno confutato la zarina  dell’arte Peggy Guggenheim quando affermava che per la rappresentazione della realtà così com’è c’è la fotografia.
Evidentemente questo artista che ha abbracciato la pittura animalista nelle sue raffinate figurazioni non ci fornisce un catalogo zoologico ma una pittura come sentimento della natura.

Gregorio Rossi

Critico e storico d'arte - Curatore del padiglione del Costa Rica per diverse edizioni alla  Biennale d'Arte di Venezia


La sfida con la natura di questo raffinato artista è disarmante , la wildlife si presta ad una tecnica di stesura poco elastica, la perfezione iperrealistaica è la componente imprescindibile dell'esecuzione, eppure ALBERIO, sa andare oltre.
La precisione del tratto è minuziosa ma non cade, come può avvenire, nella mera perfezione statica della riproduzione, la passione e la forza condiscono la capacità che Alberio ha di rapportarsi con la sua arte, sorprende più della perfezione esecutiva, la capacità di far uscire , attraverso una personalissima "ars majeutica" il movimento, il calore della vita.
I suoi dipinti sono caldi della vita stessa degli animali che ritrae, finzione e realtà si mescolano si miscelano con vitalità e con vitalità rapiscono.
Difficile riflettere guardando questi pezzi, ne si è rapiti, affascinati, nell'interezza e al contempo nel particolare, pare di sentire lo sciabordio dell'acqua che viene mossa dal corpo in movimento, il rumore del respiro, la morbidezza del manto, quasi impauriti si rimane estasiati da tanta bellezza.
In un mondo che, sovente va verso un' astrattismo informale e concettuale sempre più ermetico, che smarrisce la capacità comprensiva del concetto espresso in chi osserva, questa pittura cosi vera, cosi pura ,cosi emozionale, non chiede altro d'essere guardata e goduta e proprio per questa peculiarità è una perla di rara bellezza.
.....e la sfida con la natura continua.

Marzia  Perotta


Qualche anno fa, durante un viaggio estivo attraverso l'Europa, mi fermai a visitare un' esposizione di grande interesse.
All'interno di un imponente castello, erano infatti raccolte numerose opere di artisti antichi fra il '500 e l'800, in maggior parte disegni, incisioni, qualche dipinto e poche sculture; la collezione era privata e vasta e devo dire che in me destò molta impressione ed emozione poichè avevo avuto modo di poter ammirare e gustare un viaggio nell'arte molto ampio dal punto di vista temporale, e con opere di grande qualità sul tema della rappresentazione degli animali (spiccavano fra i diversi autori anche nomi di grande importanza).
Durante quel momento ebbi modo anche di comprare il catalogo che era stato editato: solenne, elegante, di bel formato, con riproduzioni a tutta pagina di alcune delle opere presenti in mostra.
Rimasi diverso tempo nelle auliche stanze del castello il cui allestimento risultava prezioso, d'impatto, con le opere appese agli antichi muri colorati ora del rosso antico di tappezzerie di qualche sala o del verde smeraldo ed illuminate da rispettose luci che gettavano il proprio fascio preciso su quello che il visitatore doveva vedere.
Riuscii anche ad avere un inaspettato incontro, assolutamente casuale, durante l'esposizione, con l'anziano proprietario della collezione che stava riguardando le sale della mostra prima della chiusura serale.
Vorrei però precisare, sperando di non tediare il lettore, che tutto quanto fino a questo momento è stato da me raccontato sarà di grande aiuto per incontro con le opere che potremo vedere qui pubblicate e nella relativa mostra.
In questo senso, quindi, torno solo per un attimo indietro riprendendo il mio breve racconto che poi chiarirà al lettore il motivo di tutto ciò.
Come accennato, dunque, non ebbi modo di trattenermi come spesso mi capita, ed avvicinai l'anziano collezionista desideroso di porre alcune domande: fui certamente fortunato poichè il nobile signore riusciva a parlare un italiano comprensibile molto più del mio inglese.
Mi disse che la collezione di opere di animali che possedeva era per lui una gioia immensa, una parte di lui, qualcosa di inseparabile perchè legata a quanto aveva potuto vedere realmente in giro per il mondo: i gufi e le civette dalle eleganti forme viste in alcuni boschi in toscana si trasformavano negli eleganti disegni, come pure i feroci felini africani diventavano nella sua collezione opere d'arte in marmo o bronzo patinato.
Il racconto che lui mi fece fu intenso ed emozionante poichè le opere d'arte che lui aveva erano quasi il simbolo di un incontro che fece poi reale con il mondo animale, il mondo della natura: la realtà.
Ho pensato di raccontare tutto ciò poichè in arte si procede sempre per emozione costruendo quelle che sono le materie dell'opera d'arte, sia incisione, disegno, pittura, scultura, fotografia.
Gianluigi Alberio ha mosso la sua ricerca artistica in una direzione fuori dalle mode, riprendendo quel fare antico di pura emozione che tocca chi ha la capacità di cogliere la bellezza della creazione effimera: l'arte.
In un mondo così veloce come il nostro, preso da globalismi vari e da concettualismi artistici che spesso risultano fini a se stessi, il lavoro di Alberio si dirige direttamente verso la rappresentazione delle creature del meraviglioso e multiforme mondo animale, fatto di una miriade, di una infinità di specie, ognuna delle quali piena di interesse indipendentemente dalla sua dimensione: dalla più piccola alla più grande.
Gianluigi Alberio si è quindi messo su di una strada quasi infinita poichè da attento ed instancabile osservatore quale è, registrerà e continuerà ad emozionarsi e ad emozionare l'osservatore restituendo le differenti forme del mondo animale che lo colpiscono.
Il risultato di questo è già molto ben visibile nelle fotografie qui pubblicate e che rappresentano inequivocabilmente un delicato lavoro che porta il realismo vicino alla creazione di un'emozione che diventa poi molto sensibile, ed in alcune delle opere qui presenti si fa realmente delicata, dolce nel toccare e rappresentare le fattezze e i caratteri di alcuni animali.
La strada che dunque Alberio ha scelto è quella del realismo estremo, potremmo dire: l'iper-realismo.
Questa corrente, nata diversi decenni fa in terra americana, piace vedere come qui viene restituita con una emozione estetica, anche pittorica, che diventa eco di quella grande tradizione artistica che l'Europa ha saputo dare dal Rinascimento fino ai giorni nostri: mi tornano alla memoria dopo aver osservato le opere di Gianluigi Alberio, alcuni dettagli di opere di grandi maestri della storia dell'arte in cui figurano animali, fino ad arrivare ai giorni nostri in un confronto, per esempio, con un grande e noto artista italiano come Maurizio Bottoni.
Capita così di stabilire confronti con altri artisti che hanno lavorato sul tema del naturale, osservando bene le differenze, le peculiarità che l'occhio di ognuno degli artisti ha, occhio interiore, sguardo profondo che poi si tramuta in opera, materia.
Vorrei che il lettore però si fermasse un attimo nell'osservare alcuni lavori del nostro artista: mi hanno infatti molto colpito alcune serie che Alberio ha dedicato a precise specie animali, e cioè i gufi e le civette.
Intanto, diciamo subito che questi animali hanno rivestito nell'arte, nella simbologia dell'arte, un preciso significato; sono infatti i simboli, e dunque simboleggiano, l'intelligenza (anni fa rimasi molto colpito durante un viaggio a Vienna in cui notai un moderno edificio che aveva due civette alte oltre quattro metri, poste come sculture a protezione della facciata stessa, ricche di suggestione, memoria e moniti).
I gufi e le civette di Gianluigi Alberio sono ricchi d'eleganza così come molti degli animali che l'artista ha rappresentato: nobiltà e bellezza in grado di trasmettere emozioni profonde ma qui, in particolare, vorrei citare fra le diverse opere una che spicca per piglio e composizione. Si tratta infatti dell'opera in cui l'altero volatile è inserito in una composizione strutturata e di rimando antico, fra i rami ed uno squarcio di cielo azzurro attraversato da nuvole.
Magnifica composizione che rende manifesta la cultura figurativa dell'artista ed il trasporto emozionale che lo spinge a creare opere sentite, fatte della pelle del reale, di un realismo molto forte che però, non manca di partecipazione personale, di segno e disegno pittorico che si fa dolce, delicato, morbido (osservare le opere di Alberio da vicino è un'esperienza diversa rispetto a quello che accade nell'osservazione ravvicinata di molte delle opere iper-realiste: osservatele dunque da vicino ed avrete conferma di quello che vi sto dicendo, gustando quindi una suggestione emozionale tattile che il manto o il piumaggio di alcuni animali sprigionano).
Tutto questo, accade quindi con le tecniche antiche del disegno e della pittura, tecniche che dimostrano di non aver perso il senso della comunicazione, dell'emozione, della partecipazione che è evento dell'arte e che si rappresenta qui nella sua natura bidimensionale.
La natura è grandiosa, potente, ricca, affascinante e sempre più in pericolo e l'arte, così celebrandola, ci ricorda quanto sia importante proteggerla ora più che mai.
Ogni artista, oggi, deve saper far riflettere lo spettatore su questo punto importante che è appunto la grandezza e fragilità del naturale: siano la forza, la delicatezza, l'ironia che gli artisti utilizzano, a catturare l'interesse e lo sguardo delle persone concentrate nel guardare un catalogo d'arte o una mostra; è il nostro compito e va assunto con profondità, con responsabilità.
Esortiamo l'artista a continuare sempre di più il viaggio che ha intrapreso perchè il mondo del naturale è vasto, e molti animali son lì, in attesa dello sguardo attento degli artisti capaci di fermare l'attimo, l'energia e la bellezza.

Emanuele Gregolin


Per meglio comprendere la pittura di Gianluigi Alberio, partirei col distinguere tra pittori di natura e illustratori di natura.
Intendiamoci, sono entrambi da considerare artisti; semplicemente, partendo da questa distinzione, potremo avere un'approccio alle opere più obiettivo, senza escludere comunque il gusto personale che, in ogni forma d'arte, rimane comunque la cosa più importante per un giudizio finale.
Una precisazione va comunque fatta.
Nel mondo ci sono parecchi pittori, specialmente in Inghilterra e in America dove la pittura naturalistica è molto più considerata come forma d'arte, che hanno raggiunto livelli di perfezione sotto entrambi gli aspetti.
In un'illustrazione di un animale, che sia singolo od ambientato, si cerca normalmente la perfezione sia dal punto di vista tecnico,  ma specialmente dal punto di vista scientifico.
In questo caso l'opera, se presa in considerazione da un esperto di natura, viene passata al setaccio sotto tutti gli aspetti.
Il gusto personale passa in secondo piano ed un eventuale giudizio positivo dipende quasi esclusivamente da quanto l'illustratore è riuscito ad avvicinarsi alla perfezione nel dipingere il soggetto e/o l'ambiente.Per il pittore di natura l'approccio cambia.
Anche per lui il soggetto deve comunque essere identificabile ma, sia nell'ambientazione che nella raffigurazione, dobbiamo accettare quella parte di personalizzazione che l'artista utilizza per esprimere il suo modo di vedere  e di intendere il soggetto raffigurato, con un risultato unico ma specialmente identificativo e, quando un pittore è riconoscibile e non si confonde tra gli altri, allora sotto l'aspetto artistico ha raggiunto un traguardo importante, e la pittura di Gianluigi è indubbiamente riconoscibile.
Non so perché è attirato dagli animali all'apice delle rispettive catene alimentari; nei mammiferi i grandi felini o i lupi, negli uccelli i rapaci sia diurni che notturni, ma una cosa è certa.
In tutte le sue opere, la fierezza insita in queste categorie di animali, traspare prepotente in ogni pennellata.
Non sono un critico d'arte e per questo non mi sono addentrato in improbabili interpretazioni.
Le lascio tutte ai visitatori, come è giusto che sia.
Sicuramente in tutte le opere trapela l'amore per tutto ciò che riguarda la natura e, per noi del Museo di Lentate, questa è la cosa più importante, e siamo certi che questa interessante mostra contribuirà a diffondere una cultura artistica ma soprattutto naturalistica, e di questo vogliamo ringraziare Gianluigi.

Paolo Lietti
Presidente Museo Civico di Scienze Naturali
Lentate sul Seveso (MB)


Wildlife Art, in Italia tendenza poco conosciuta ma in Mitteleuropa, Scandinavia e America vitalissima corrente.
Fra i più grandi artisti italiani annoveriamo Gianluigi Alberio.
Nato a Como (1951) art director in agenzie pubblicitarie, designer e poi pittore animalista a tempo pieno, Alberio in opere dall'interessante tecnica, ritrae animali, ponendosi addirittura oltre l'iperealismo.
I suoi dipinti sono scatti  e momenti di vita  di animali selvaggi, fotografie eseguite con pennelli e matite, tromp l'oeil naturali di stupefacente resa grafica, straordinaria precisione e cura del dettaglio.
Ma nonostante tutto si avvertono il peso, la massa corporea degli animali della savana che per un attimo si sono innefabilmente fermati per permettere al pittore di ingannarci, illuderci, perpetuando così le grandi tradizioni della pittura animalista italiana, non dimenticando gli "animalier" francesi dell'800.
Questi sontuosi studi estetici dimostrano l'infinita, esclusiva, totalizzante passione di Alberio per questo approccio che riprende, nobilitandola, quella che in ambito protestante tra il 600, il 700 e l' 800 era detta "minor pittura"
La mia Africa di Alberio diventa allora un dialogo con animali possenti (rinoceronti, leoni...). eleganti (giraffe, zebre...) senza dimenticare i mammifferi europei ( lupi, mufloni...).
Alberio riscopre dunque una pittura oggi atipica ma gloriosa nella storia passata, ma anche in quella recente, capace di umanizzare e addirittura superare le strepitose fotografie del National Geographic.

Fabio Bianchi
Critico d'arte e giornalista


Fermati e rifletti.
Coraggio.
Fermarsi e riflettere richiede coraggio.
L’invito che ci muove Gianluigi Alberio con i suoi dipinti è tutt’altro che semplice: prendersi i propri tempi per pensare a che cosa è veramente importante, unico modo per tornare padroni della propria esistenza.
Ma scoprirlo fa paura.
In una società dove l’imperativo è la velocità, il restare sempre connessi e la corsa frenetica verso una meta che per lo più finisce per essere dimenticata, l’individuo deve tornare ad essere l’unico a dettare il proprio tempo.
L’uomo finisce per perdere di vista il fondamento dell’esistenza e l’essenza stessa della vita, frastornato da mille azioni inutili che lo rapinano delle energie necessarie.
La natura invece ci mostra chiaramente che l’unica cosa che conta è ciò che concerne la sopravvivenza.
La sottile linea di confine tra la vita e la  morte fa si che un solo istante possa cambiare il destino di un essere vivente.
Questo è difficile da accettare e l’uomo preferisce strozzare l’istinto in una cravatta piuttosto che accettare il fato.
Gli animali invece lo sanno, sanno che ogni istante può segnare un destino e per questo vivono l’istinto non pensando al domani.
Le scene quotidiane della vita degli animali, riprese nei dipinti di Gianluigi Alberio, permettono di comprendere come istanti apparentemente insignificanti vadano vissuti appieno, a costo della vita.
Un lupo non può intenerirsi e lasciarsi scappare una preda; vorrebbe dire morire.
Un ramarro che si abbevera non può permettersi di non prestare attenzione: il prezzo da pagare è la vita.
Al confronto si comprende come le preoccupazioni degli esseri che tanto si definiscono pensanti, perdano completamente di senso: la corsa all’accumulo cui ci porta la vita contemporanea è insensata, quando è in gioco la pura sopravvivenza.
La vita nelle grandi praterie o savane diventa quindi un’allegoria di quello che dovrebbe essere il vero significato dell’esistere: puntare solamente su ciò che è fondamentale.
L’analogia è talmente diretta che i dipinti non potevano che essere resi con un realismo impressionante; gli animali sono lì, di fronte a noi, in dimensioni considerevoli: non possiamo fare finta di nulla, dobbiamo scuoterci, reagire.
I lati aberranti della natura però non possono essere nascosti, e  Alberio è lungi dal farlo.
I suoi dipinti sono volutamente quotidiani, non mettono mai in scena momenti sanguinari, non ce n’è bisogno.
Lupi corrono nelle praterie, lo spettatore sa già che stanno correndo verso una preda, non è necessario mostrarlo.
Una tigre ha  le fauci spalancate, non è necessario sapere il perché, lo si immagina.
Queste scene permettono quindi di esorcizzare il lato selvaggio degli animali e di conseguenza della cosiddetta civiltà umana.
Quel lato che gli esseri umani cercano di sedare senza successo, nascondendolo sotto improbabili divise di lavoro.
La “wilderness”, il cuore di tenebra dell’uomo emergono costantemente nelle vicende contemporanee.
La differenza tra uomini e animali sta nel fatto che negli animali l’atrocità è assente, uccidere cessa di essere un crimine efferato e diventa necessario.
Per questo il sangue non è raffigurato, perché è un sangue per così dire  “purificato”
E necessità è un’altra delle parole chiave della poetica di Alberio: questa urgenza di comunicare agli uomini che è inutile perdersi dietro all’inutilità del superfluo distruggendo al contempo il proprio mondo.
Gli animali lo insegnano.
Fermati.
Rifletti.
Quello che conta è solo l’oggi:guardami negli occhi e  agisci.

Anna A.
Dott.ssa in Scienze della Comunicazione



OLTRE LO SGUARDO
"L'uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà". Questa citazione di Charlie Chaplin, apparentemente drastica, rispecchia inesorabilmente il comportamento umano, non proprio rispettoso, nei confronti della natura e di tutti gli esseri viventi. Secondo alcuni insegnamenti occidentali l'individualismo è ormai la normale prassi da seguire per raggiungere il proprio benessere a discapito di chi è meno fortunato di noi.
La sensibilità, saper ascoltare in silenzio, osservare e scrutare le piccole cose quotidiane, anche quelle che sembrano insignificanti per trarne un arricchimento spirituale, è un grande dono. Possiedono queste virtù i musicisti, i poeti, gli scrittori, e talvolta alcuni artisti che rifuggono dalla egemonia di omologazione richiesta dal mercato.
Gianluigi Alberio, artista figurativo naturalista comense, annovera questi privilegi. Si distingue per la minuziosa e introspettiva capacità di raccogliere le vibrazioni e le emozioni più profonde per trasferirle nelle sue opere cariche di una sorprendente veridicità e naturalezza che rimandano a Henri Rousseau.
L'autore, in passato, è stato art director e designer in agenzie pubblicitarie, successivamente si è dedicato alla grafica e alle tecniche pittoriche appropriandosene completamente in maniera impeccabile, creando un suo stile inconfondibile.
Dal 2003 rimane folgorato guardando un'opera di un artista americano animalista semisconosciuto. Da quell'istante entrerà a far parte della Wildlife Art, un movimento americano nato intorno agli anni '60, che vede in Robert Bateman, artista canadese, la rappresentazione degli animali selvatici che vivono in equilibrio ed in armonia con l'ambiente in piena "libertà". Libertà che viene evocata, in maniera sublime, da Alberio nella raffigurazione di felini, zebre, gufi, serpenti, lupi, alligatori, volatili ect.
Le immagini degli artisti di questa corrente sono di un realismo estremo e spesso sembrano delle riproduzioni fotografiche. Nel caso dell'autore, non parliamo di iperrealismo, inteso come pittura fotografica ma di realismo fotografico, in quanto la realizzazione di un soggetto lascia spazio all'interpretazione. Dichiara Alberio: "Quando davanti ad un'opera finita riesco a raggiungere le stesse emozioni provate nel concepimento del ritratto, posso ritenermi soddisfatto perché ho raggiunto il mio traguardo".
Molte sono le testimonianze di dipinti sul regno animale già a partire dall'epoca Paleolitica e nei periodi successivi sino a giungere al Medioevo e a tempi più recenti. Tuttavia gli animali non erano i veri protagonisti delle creazioni ma ne facevano parte integrante insieme ad altri soggetti.
Con la mostra dal titolo "Oltre lo sguardo" sorprende la capacità dell'artista di ritrarre scrupolosamente l'intensità espressiva catturata nei frammenti degli occhi di queste splendide creature. Si pensi alla qualità di esecuzione e alla tridimensionalità dei soggetti dipinti che sembrano apparire dei Tromp-l'oeil naturali. Rimaniamo quasi impauriti circondati dai loro sguardi teneri, aggressivi, spaventati, sornioni che a volte sembrano essere poco benevoli nei nostri confronti. Forse penseranno che abbiamo il dovere di proteggere i mari e le bellezze paesaggistiche dalla devastazione per la sopravvivenza del nostro pianeta. Che abbiano ragione?
E' doveroso spiegare come si svolge il lavoro di questo artista unico nel suo genere. La parte creativa avviene al computer con una serie di indagini per individuare il soggetto, il tutto viene coadiuvato da numerose ricerche sui libri e cataloghi specifici. Si prosegue con il disegno plasmato nei minimi particolari. Questa fase può richiedere dalle quindici alle venti ore di preparazione. Si giunge così alla parte pittorica, lo strumento principale che viene utilizzato per ottenere una precisione assoluta è l'aerografo. Tuttavia, non devono mancare le matite colorate, i pastelli a cera ed i colori acrilici per raggiungere l'eccelso.
Importanti sedi museali italiane e straniere hanno acquisito le opere dell'artista.
Tra gli innumerevoli riconoscimenti, gli è stato conferito il prestigioso "Premio Ambiente" accanto a personalità quali Oliviero Toscani, Umberto Veronesi, Gillo Dorfles e altri nomi del campo della cultura e dell'arte.
Inoltre è stato l'unico artista italiano selezionato ad esporre al 34° "Salon National des Artistes Animaliers" in Francia.
Utilizzando cromie forti e raffinate, ma nel contempo pennellate fluide e precise, l’artista si addentra nella foresta con la stessa forza espressiva degna di Ligabue per "fotografare" con la pittura la fierezza di molti animali in via di estinzione.
Alberio, con la sua nobiltà d'animo, restituisce all’animale quella spontaneità che noi abbiamo disperso, con una forza espressiva di notevole intensità che incanta per la dovizia di particolari e per l'eleganza che riaffiora disarmante in vere e proprie opere d'arte.

Francesca Bellola
Direttore della rivista OK ARTE



Pittore certamente macrofigurativo, (il termine realista è riducente), Gianluigi Alberio è un esegeta della teoria naturalista di George Buffon: gli animali vanno descritti nella fedeltà totale,senza che un solo pelo manchi alla tela.
Ad una convinzione-convenzione di questa fatta si potrà rispondere che dal settecento pur illuminato dai naturalisti, sono trascorsi tre secoli e che nel frattempo sono state inventate la fotografia,la cinecamera e le altre trappole micidiali per riprendere gli animali nel loro ambiente più interno.
Non è questa la filosofia della Wildlife art, anche il pittore deve appartenere per fatto empatico alla categoria wild, in quanto per carattere ed elezione, sfuggente a tutte le scuole di pensiero, antropiche e concettuali che si allontanano anche solo di un micronesimo dalla fedeltà assoluta narrativa.
Wildlife art non è un ismo,è una religione, la cui appartenenza non deve necessariamente prevedere una sorta di alienazione alla Ligabue, ma una "presenza" mentale, quanto mai razionale e raziocinante, in difesa del concetto nature dell'immagine.
Tardo romanticismo per "narrar di abitatori di terre ultime", impermeabili ad ogni sorta di infiltrazione culturale?
Neonaturalismo enciclopedista, dove sopravvive l'emozione per il soggetto riprodotto "a mano"?
Nè uno, nè l'altro.
Una lettura di queste composizioni, non soggetta ai vizi delle antiche querelles su occhio umano e occhio ottico e adesso elettronico, digitale, porta con tranquilla certezza a considerare il lavoro zoopittorico di Alberio come ad un ricorso autoctono alla hi-fi art, alogico quanto si voglia, di questi tempi analogici, ma realizzato in un modo tale che veramente, il vero della forma animale si avverta in  tutta la sua immanenza.

Dott. Donat Conenna
Giornalista - Critico D'arte



Opere elette, di grande spessore e risultato, così appaiono da subito i sapienti, incisivi lavori dell'artista Gianluigi Alberio.
Si denota immediattamente non solo una acuta voglia di rappresentare manualmente l'animale voluto, ma anche e soprattutto la sua integra intierezza.
Alberio riesce con abilità a dare ad ogni linea cromatica un insieme che rasenta la perfezione scenografica.
Più che parlare di pittura naturalista sembra di avere dinanzi un artista, forse il primo, che riesce a eseguire un'opera pittorica talmente elaborata nei particolari da ricreare una fotografia.
La bellezza della pittura di Alberio, sta nel suo eccelso risultato più che nell'animale raffigurato.
Certamente predominano gli animali delle savane, ma il suo occhio si disperde anche verso realtà nostrane: gufi, mufloni, galli ecc.
L'idea, il guizzo.
Sembra quasi di riassaporare un gusto Gauguiniano per la ricerca del lontano ma anche il simbolismo di Ligabue, ovvero di un qualcosa non visto ma sempre cercato e divenuto parte integrante dell'artista.
In questo specifico artista si sono superati persino i canoni dell'arte, in quanto le opere di Alberio sembrano scatti di vita selvaggia che da un momento all'altro scompaiono nel restante caldo paesaggio.
Gianluigi Alberio, per capacità e desiderio, è da annoverare tra i più grandi artisti odierni, che non solo espletano la loro passione, ma in essa trovano la maestosità e la grandezza delle capacità umane, realizzando "carte di identità" per animali in via di estinzione.
I
nsomma: l'arte di Alberio è un'arte a 360 gradi.

VALERIA S. LOMBARDI
Dott.ssa Storia dell'Arte Contemporanea



Allievo di importanti personalità come Bruno Munari e Giò Ponti, grafico, tatuatore ed artista, Gianluigi Alberio decide, per mezzo della pittura, di raccontare la naturalezza e la semplicità del mondo animale.
Utilizzando cromie forti e decise, ma nel contempo pennellate precise, spinte al limite del grafico-pittorico, l’artista si addentra nella foresta per “fotografare” col pennello alligatori, leoni e tigri…
In “Hamm” come in “Riposo” Alberio dona all’animale una forza espressiva degna di Ligabue, donando veridicità al “racconto” con un realismo, una dovizia di particolari ed un lirismo che richiamano la pittura di Henri Rousseau.

Carla Ferraris
Curatrice di Eventi Artistici





 
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